Nel 1497 Bartolomeo d’Alviano è al servizio della Repubblica di Venezia. Ad Alviano, la rocca è difesa dall’abate Bernardino e dall’altro fratello Luigi.
Bernardino è nominato Commissario pontificio di Todi da papa Alessandro VI Borgia. Nel I5II, troviamo Bartolomeo d’Alviano impegnato, con tutti i signori dell’Italia centrale, a dare la caccia al Valentino; morto improvvisamente il padre Alessandro VI Borgia, l’8 settembre aiuta suo cognato Giampaolo Baglioni a riprendere Perugia. Imbaldanzito dei trionfi nella Campania, nelle Puglie e in Calabria, già riferiti, il condottiero Alvianese si mescola negli intrighi dei fiorentini, per ridare Firenze ai Medici ed espellere poi i francesi dalla Lombardia; ma a Campiglia Marittima subisce una grave sconfitta dalle truppe della Repubblica fiorentina. Ritornato al soldo dì Venezia,risolleva la sua fama in quanto fu “il vincitore prodigioso della Guerra friulana del 1508”. Vinse in Cadere, conquistò Pordenone, spingendosi nelle terre dell’imperatore Massimiliano d’Austria. L’imperatore contendeva la terraferma Venziana ed il ducato di Milano. Alla fine del febbraio 1508 era entrato in Calore; Bartolomeo d’Alviano, da Bassano e Longarone, nonostante la neve altissima gli piomba ad dosso, impedendo agli imperiali la ritirata su Cortina; sul Rio Secco (Rusecco), li avviluppa ed annienta; oltre a Pordenone, conquista Gorizia,Trieste e Fiume. Il suo grande trionfo segna il culmine della potenza veneziana; che pagherà la gloria, provocando contro di sé la Lega di Cambrai. Il 15 luglio 1508, il doge di Venezia investe Bartolomeo d’Alviano del Principato di Pordenone, consegnandogli l’anello e la spada; ed egli giurò sul messale, con tutte e due le mani. Secondo la maggioranza dei suoi biografi e degli storici dell’epoca, Bartolomeo avrebbe fondato nella città friulana un’Accademia letteraria, a cui appartennero i più famosi letterati dell’epoca. La guerra preme ancora da ogni parte.
Nel 1509 Venezia nomina Bartolomeo d’Alviano “governatore generale”, ossia comandante in seconda, accanto al conte di Pitigliano, capitano generale dell’esercito Veneto, ma mentre l’Alviano propone “l’immediata invasione del Milanese e la fulminea occupazione della capitale Milano, il suo maggiore collega è di opinione contraria; è per la guerra di logoramento, e la diversità di vedute dei due generali porta il primo, grande disastro militare della guerra, causa, a sua volta, di altri disastri politici: la sconfitta di Agnadello (nella Chiara d’Adda)”. 14.5.1509.
E quel giorno,”dove una vittoria iniziale, riportata dalla retroguardia veneziana, agli ordini dell’Alviano, si tramutò tosto in una grande disfatta, nella quale perirono oltre a sei o settemila uomini dell’esercito Veneto,la maggior parte delle artiglierie andarono perdute, e l’Alviano stesso e il suo seguito, dopo una resistenza quasi incredibile vennero fatti prigionieri”. Bartolomeo d’Alviano, intuito il pericolo, richiese rinforzi al Pitigliano, mentre intanto aveva respinto i tiratori guasconi e gli svizzeri; ma i rinforzi non arrivarono ; egli stesso fu ferito in volto, restò sformato e non riuscì a parlare speditamente. Fu fatto prigioniero e portato in Francia. Fu rinchiuso nel castello di Loches, dove un anno e mezzo prima era morto prigioniero Ludovico il Moro, a cui Luigi XII aveva sottratto il Ducato di Milano.
Cambiata politica, Luigi XII,nel 1513,stipula l’alleanza con Venezia,libera l’Alviano,” che fu nominato allora capitano generale dell’esercito veneziano”. Primo pensiero del condottiero, appena uscito dalla prigione,fu di scrivere da Oulx al suo canelliere di far preparare “due botti de vin del suo de Pordenone, perché è fama a Venezia non esservi boni vini”. Arrivò a Venezia il 10 maggio 1513,ricevuto signorilmente da sessanta gentiluomini con la toga di scrarlatto, tra una folla di popolo che l’acclamava come un trionfatore; egli era vestito di nero con un berretto rosso; gli furono riconsegnati, nella basilica di San Marco, il bastone e la bandiera di capitano generale ed il feudo di Pordenone, che nel frattempo si era ribellato al suo luogotenente. Ripresero le battaglie : Venezia era alleata della Francia; ma lo Stato pontificio e la Spagna erano alleati dell’imperatore d’Austria. L’Alviano ebbe qualche successo a Verona, a Pizzighettone sull’Adda ma i francesi erano sconfitti a Novara. Bartolomeo,dopo aver nuovamente tentato un colpo di mano su Verona, si rafforzava a Padova, mentre affidava la difesa di Treviso al cognato Gian Paolo Baglioni. Per ordine del Senato veneto,uscì da Padova, si collegò con il Baglioni, raggiunse Venezia e inseguì il nemico fino a Schio; però qui, le sue truppe raccogliticce furono impigliate nei terreni acquitrinosi ed ebbero una rotta.”Egli si salvò a stento. Non si perse d’animo: la sua perizia militare ed il suo grande coraggio gli fecero dominare la situazione”. Appoggiandosi sui due capisaldi di Padova e Treviso,ricostruito l’esercito,fronteggiava gli avversari dislocati fra Verona, Este e Montagnana. Nel 1514 Bartolomeo d’Alviano fermava gli austrici ad Osoppo, sbaragliava la cavalleria tedesca a Pordenone e riconquistava tutto il Friuli. “La più terribile punizione fu riservata a Pordenone che, come detto, si era ribellata. Bartolomeo,da Treviso, avanza fino a Sacile e Conegliano, manda avanti suo nipote Malatesta Baglioni; sconfigge i tedeschi e fa bombardare il suo castello di Pordenone dalle artiglierie di Alviano; poi abbandonò alla preda dei suoi soldati Pordenone stessa la vendetta fu tremenda, tanto che,l’anno successivo, ai ribelli di Cividale ricordava:”Abbiate davanti gli occhi Pordenone…e vi basti”! La sua marcia continuò contro gli spagnoli a Verona,a Rovigo ; poi con spostamenti rapidi, a sostegno dei suoi generali, tornava a Verona, poi a Cremona, a Bergamo e, attraverso l’Adige, da Pieve di Sacco riguadagnava Padova.
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